Testo Lc 15,1-3.11-32
(edizione Bibbia CEI 2008)
1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. 3Ed egli disse loro questa parabola:
11Disse ancora: “Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato””.
Commento a cura del Gruppo Donne
Il figlio minore
Uno dei messaggi della parabola, vista insieme alle altre due che la precedono (pecora smarrita e dracma perduta), è la bontà infinita di Dio e l’importanza di superare la logica del merito per entrare in una dimensione di gratuità.
Viene raccontata da Gesù in risposta a chi lo criticava per frequentare peccatori e pubblicani. Il figlio minore è infatti l’esempio tipico del peccatore. Riflettiamo sul fatto che forse lui, pur avendo sbagliato e dissipato il suo patrimonio, ha cercato di realizzare in qualche modo una vita diversa.
Notiamo che il figlio minore sceglie di rialzarsi e tornare dal padre. Questo atto di rialzarsi, sebbene possa essere motivato da convenienza, è significativo: il figlio non ha mai dimenticato il padre e sa che per tornare deve trovare il coraggio di affrontare le conseguenze delle sue azioni. E’ importante anche per ciascuna di noi sapere che esiste un luogo dove poter tornare se si sbaglia o ci si perde.
L’atto del rialzarsi ci ricorda quanto è successo a Giuda e Pietro. Il primo non è riuscito a rialzarsi per chiedere perdono di quanto fatto, mentre il secondo dopo aver rinnegato Gesù ha provato a rimettersi in gioco, diventando una figura di riferimento per la cristianità.
Facciamo anche un parallelo con la storia dell’apostolo Paolo, nella seconda lettura, che racconta la sua storia: Sàulo é l’uomo vecchio che incontra Dio, si riconcilia con Lui, rinasce a nuova vita e da persecutore diventa ambasciatore, facendosi tramite della riconciliazione. Paolo ci invita a imitarlo: siamo nuove creature quando riusciamo ad evitare divisioni tra noi e con Dio, a non metterci al centro, quando ci riconosciamo non autosufficienti e cerchiamo la relazione con Dio.
Il padre
Consideriamo che il padre concede al figlio minore la libertà di prendere l’eredità e partire, anche se probabilmente non approva le sue scelte. Questo gesto di libertà è emblematico della grandezza divina, poiché lasciare andare è spesso una sfida molto difficile per noi esseri umani, come dimostrano le esperienze di vita quotidiana e il rapporto genitori – figli che viviamo.
Questo grande amore gratuito è connotato da tratti di padre e madre insieme, come mostrato nel celebre quadro di Rembrandt, ed è difficile a volte da accettare nelle nostre vite, perché ci sentiamo di dover meritare il perdono.
La figura del padre mostra che la riconciliazione con Dio non dipende dalle azioni che si compiono, dipende invece dalla volontà di tornare a Lui, che aspetta sempre il ritorno dei suoi figli.
Il figlio maggiore
Siamo a volte portate a immedesimarci nel figlio maggiore, faticando ad accettare il comportamento apparentemente ingiusto del padre nei confronti del fratello minore. Notiamo, però, che quando il figlio maggiore si lamenta con il padre, si riferisce al fratello come “tuo figlio”, non come fratello. Ciò evidenzia la sua difficoltà nel riconoscere l’altro come parte della sua famiglia, o come suo prossimo.
Se avesse cercato di avvicinarsi al fratello, avrebbe potuto comprendere meglio la situazione, mentre invece rimane ancorato a una logica retributiva, di ricevere rispetto ai propri sforzi. Il fratello maggiore del resto dovrebbe essere sereno, non solo perché non gli è stato tolto nulla della sua parte, ma soprattutto perché dovrebbe essere consapevole di essere già amato dal genitore (da Dio), essendo nella sua casa. Invece, lo troviamo a criticare il padre che accoglie con gioia il fratello, dimostrando di non essere in grado di percepire lo stesso amore verso di sé (non mi hai mai dato un capretto).
Emerge un parallelo con la vicenda di Caino e Abele, che ci fa riflettere su come l’ingiustizia, o la percezione di subire l’ingiustizia, possa generare sofferenza e conflitti.