Testo Mt 25,31-46
(edizione Bibbia CEI 2008)
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40 E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna”.
Commento a cura del Gruppo Donne
Una parola per tutte e tutti che chiama a responsabilità
Questo ultimo discorso di Gesù in Matteo, che precede il racconto della passione, morte e resurrezione di Gesù, non è più una parabola come nei passi precedenti; è un racconto di genere apocalittico sulle cose ultime e che tuttavia, come i passi precedenti, ci richiama alla responsabilità.
Il Padre benedice tutte/i, non maledice. Nessuno è destinato dal Padre al supplizio, è l’essere umano che con le sue scelte si maledice da solo, sceglie di stare lontano da Dio e di autoescludersi, qui ed ora, dalla condivisione della propria esistenza con le altre persone.
Tendiamo a pensare di essere misurate sulle azioni e ci rammarichiamo quando sentiamo di non aver fatto abbastanza. Ma cosa è abbastanza? Nel mare di necessità da cui siamo circondate se avessimo la pretesa di aiutare tutti per rispondere alla chiamata di Dio, questa chiamata si trasformerebbe in un fardello enorme, opprimente invece che liberante.
Si è sempre inadeguate e questo brano del Vangelo ci conforta, ci dice che non ci salviamo per le nostre capacità ma perché ci siamo messe in gioco nelle relazioni umane, abbandonando l’indifferenza che conduce a una vita senza senso.
Gesù non è buonista e parla chiaramente a tutte e tutti, ci interpella nelle nostre vicende quotidiane: come viviamo i doni ricevuti, come li condividiamo con le persone che incontriamo? A volte si è inconsapevoli, nel brano infatti sia chi ha fatto sia chi non ha fatto si chiede quando ciò è avvenuto.
Nella ricorrenza di questa domenica, Cristo Re, meditiamo che Gesù è uscito dal tempio per parlare e il suo discorso ha messo in discussione la regalità come privilegio, mettendo invece al centro l’umanità delle persone.
Asteniamoci dal giudicare
Vedere nelle altre persone Dio comporta spesso un cambiamento molto forte di atteggiamento: vuol dire non formulare alcun giudizio nei confronti della persona aiutata e capire di cosa essa ha realmente bisogno. Non dobbiamo chiederci se è o meno responsabile della sua condizione.
L’astensione dal giudizio è un esercizio, un allenamento non facile che dobbiamo fare perché il giudizio ostacola l’accoglienza, giudicare vuol dire pormi come pietra di paragone e se l’altro non soddisfa i miei canoni è difficile accoglierlo.
A volte non è facile rapportarsi a chi si aiuta: le persone si trovano in situazioni dolorose, di disagio, di privazione e questo le rende scostanti, aggressive. Di certo non è facile per loro chiedere aiuto. Noi stesse facciamo fatica a chiedere. Dobbiamo anche avere la consapevolezza di quando noi stesse siamo state destinatarie di un atto che ci ha aiutato a stare meglio.
Bisogni materiali e non: chi ha bisogno di chi?
Il brano è preciso sul tipo di bisogni, indica le opere corporali. Tuttavia meditiamo che esistono anche altri tipi di aiuto: psicologico, morale, spirituale. Si ha fame di cibo ma anche di speranza, di valori.
Responsabilità non è fare il compitino della buona azione, è cogliere l’occasione di aiutare gli altri, cercando di liberarli anche solo un po’ dalla loro oppressione, e questo aiuta anche chi agisce. Si sta bene quando si aiuta gli altri, perché si fa un pezzo di cammino liberante insieme.
Ecco la beatitudine, che non è nel risultato finale ma nello stare: se si percorre un pezzo di strada liberante insieme a un’altra persona, quella è la beatitudine. Meditiamo che occorre anche aiutare gli altri a sperimentare questo percorso, che vuol dire aiutare a conoscere l’amore reciproco.
Qui e ora, o alla resurrezione?
Ciascuna dà la sua risposta, o cerca la sua risposta. Condividiamo che ciò che succederà nel dopo morte non deve condizionare ciò che facciamo qui e ora. Non lo facciamo per il dopo, lo facciamo perché la Parola ci libera già in questa vita, vita che avrà poi pienezza in un futuro che non conosciamo.